UNA SCUOLA APERTA ALL'ADOZIONE Stampa
Scritto da Paola Trivella   
Mercoledì 20 Febbraio 2013 18:51

FONTE: ITALIAADOZIONI

Una scuola aperta all’adozione

Teacher at Chalkboard, ph.cybrarian77 (cc. flicker)

Teacher at Chalkboard (CC BY-NC 2.0) by cybrarian77

La scuola ed il suo contesto così presente nella vita dei bambini, costituisce un investimento importante per la costruzione del loro futuro. In Italia non esistono misure unanimi per inserire il bambino adottato nel sistema scolastico, nè esiste un supporto lungo l’intero ciclo. Ma, si può far qualcosa? In realtà sì, agendo con forza e determinazione si può raggiungere l’obiettivo. Questo è quanto è emerso dall’incontro “Una scuola aperta all’adozione”. Di seguito il nostro report con appunti e riflessioni

I dati delle adozioni in Italia, dal 2009 al 2011, dimostrano come aumenti sempre di più il numero dei bambini che hanno un età scolare al momento del loro arrivo nella nuova famiglia. Dal 2009 al 2011 dei 12.116 bambini adottati tramite adozione internazionale:
- 3172 hanno un’età compresa tra i 3/5 anni (scuola infanzia)
- 4945 hanno un’età compresa tra i 6/10 anni (scuola primaria)
- 742 hanno un’età compresa tra gli 11/13 anni (scuola media inferiore)
- 275 hanno oltre 14 anni (scuola media superiore)

Questi dati devono far riflettere, ogni cifra infatti porta con sé un vissuto che è necessario tenere in considerazione. Talvolta l’inserimento scolastico si sovrappone al “fare famiglia”, la scuola assume così un ruolo centrale in quanto prima organizzazione esterna alla famiglia, e rappresenta il primo ingresso del bambino nel mondo sociale. Molti sono i genitori che temono questo impatto, hanno paura di non riuscire a proteggere il proprio figlio da quegli sguardi talvolta troppo curiosi e da quelle domande banali e invadenti. Assieme al fattore emotivo vi sono anche aspetti pratici che vanno tenuti in considerazione ad esempio il problema della scelta della classe, se e in che modo e’ opportuno affrontare la storia personale con i compagni, cosa fare quando il sistema normalizza e la fatica aumenta….

Porsi delle domande consente di sviluppare un confronto e questo e’ il punto di partenza per ottenere un cambiamento. L’ interesse sviluppatosi negli ultimi anni in merito a questa tematica (Convegni, creazione delle linee guida e dei protocolli, la carta d’intenti di Livia Botta nel corso “Alunni adottati in classe”, le varie disposizioni del MIUR, la nascita del gruppo CARE, i libri ….) auspica un cambiamento. Il primo passo in questa direzione e’ avvenuto a giugno con la trasmissione della circolare ministeriale n° 3484. Il fine di questo documento e’ creare delle linee guida per attuare soluzioni organizzative e normative, in modo da favorire una buona accoglienza; inoltre la stessa circolare prevede di riunire le buone prassi organizzative e didattiche utilizzate fino a quel momento da alcune strutture scolastiche, in modo da divulgare un nuovo metodo per l’approccio alla tematica adottiva. Un primo effetto di tale circolare e’ stato riscontrato nella “nascita” dell’insegnante referente. Data la novità di questa figura, è opportuno spiegare il suo ruolo: l’insegnante referente è molto importante, in quanto media il rapporto tra scuola e famiglia, facendosi carico delle informazioni e delle preoccupazioni che i genitori riferiscono; inoltre ha il dovere di riportare in consiglio di classe quanto ha appreso precedentemente dal racconto dei genitori. In questo modo nulla viene dato per scontato e, si curano le informazioni, affinché quest’ultime siano considerate con un’adeguata attenzione al caso, evitando una dispersione delle stesse.

All’interno del lavoro del MIUR si vuole parlare di specificità dell’adozione in modo da individuare i punti sensibili della storia del bambino adottato, riconoscendo le eventuali difficoltà nell’apprendimento e soprattutto si vuole porre al centro del lavoro, a scuola, la FLESSIBILITA’. Per lavorare con l’adozione è necessario e fondamentale comprendere che essa è costituita da un PRIMA e un DOPO: un passato fatto di traumi, ma anche contrassegnato dalla capacità di sopravvivenza e di resilienza personale agli “urti” della vita, e un presente caratterizzato dall’amore, dal calore di una famiglia. Tutto questo non cancella il passato piuttosto aiuta a farci i conti per arrivare al domani più sereni. Il transito tra le varie fasi richiede anni, è un percorso lento che talvolta occupa tutta la vita.

Per fare in modo che il bambino possa trovare conforto e sostegno, è necessario curare la fase di pre-iscrizione. Il “fare rete” tra famiglia, insegnanti e servizi in questo momento sembra essere fondamentale in modo da definire assieme la situazione, pianificando così il lavoro scolastico. In accordo con le insegnanti si può prevedere un periodo di inserimento graduale in cui i genitori accompagnano il figlio giorno dopo giorno a familiarizzare con l’ambiente; ciò consente di poter prendere confidenza con quel cortile, in cui scorazzerà assieme ai compagni e con quel banco sul quale giorno dopo giorno comprenderà la vita e costruirà mattoncino per mattoncino il suo futuro.

Spesso nel parlare di scuola e adozione, i docenti vengono messe sotto accusa, perché in alcuni casi mostrano poca volontà nel cambiamento. Possiamo però chiederci: “Si tratta di mancanza di sensibilità o di solitudine nel gestire le problematiche e le diverse realtà della classe?” E’ scontato affermare che la sensibilità è uno degli “ingredienti” essenziali di questo lavoro, per cui oltre alle nozioni è necessario mostrare il proprio “lato umano”. Spesso le insegnanti vengono accusate, sottovalutate e devono saper gestire le varie realtà che in una sola classe si possono trovare: alunni figli di genitori separati, alunni immigrati, alunni adottati, alunni figli di famiglie allargate, alunni in affido….In realtà alla base di determinati atteggiamenti “sbagliati” vi è una mancanza di formazione, di tempo, della stimata flessibilità e di figure professionali competenti che possano supportare e fornire un adeguato sostegno. In alcuni casi il comportamento dell’insegnante deriva dalla reazione difensiva di fronte alla sofferenza altrui, poiché è difficile riuscire a rielaborarla e a gestirla. Le insegnanti possono trovarsi faccia a faccia con il trauma dell’abbandono senza avere i giusti mezzi per contenerlo.

Se si considerano questi aspetti, si può arrivare ad affermare che non è giusto “condannare” una figura a priori, ma sarebbe corretto supportarla in modo adeguato. Per migliorare le cose potrebbe essere utile uno spazio di dialogo, discussione e ascolto. Solo in questo modo si cresce realmente e si impara ad affrontare nuove situazioni. In fondo parlare di adozione a scuola potrebbe essere più semplice di quanto si pensa, non è necessario intimorire o banalizzare; forse il modo migliore sarebbe quello di parlare nella quotidianità di pluralità di forme familiari. E’ importante mostrare ai giovani del futuro, come la società si sia evoluta nel corso degli anni e come abbia trasformato anche la famiglia, perdendo così il suo aspetto prettamente tradizionale.

Non esistono parole adeguate o forme migliori per parlare di adozione, i bambini comprendono a partire dalla naturalezza e dalla spontaneità. Parlare di diversità consente ad ogni bambino di esplorare il mondo e di scoprire che certi odori, sapori e colori esistono per davvero.